mercoledì 24 ottobre 2007

Marketing conversazionale e marketing tradizionale

About a new TWI survey and the perspectives of the conversational marketing.

Segnalo una nuova ricerca effettuata da TWI Surveys per Society for new communication research, i cui risultati sono parte del nuovo libro di Robert Jaffe, Join the conversation:
How to Engage Marketing-Weary Consumers with the Power of Community, Dialogue, and Partnership.

I risultati sono interessanti soprattutto perché emergono dalle interviste rivolte a professionisti dei settori marketing e pubbliche relazioni. Secondo quanto emerge, a fronte di un investimento ancora esiguo (circa 2,5% del budget) nel marketing conversazionale (ovvero mirato a coinvolgere il consumatore in un discorso sul marchio e sul prodotto), si prevede un aumento esponenziale dell'impegno economico delle imprese in questo ambito, fino a giungere nel giro di cinque anni a una situazione quantomeno di equilibrio tra gli investimenti in marketing conversazionale e marketing tradizionale.

Questo scenario implica una serie di considerazioni sull'adeguatezza delle attuali strutture marketing e pubbliche relazioni che la ricerca affronta chiedendo quali siano gli ostacoli maggiori alla direzione tracciata. La resistenza dei dipendenti sembra essere il freno principale, seguita dal timore di perdere il controllo della situazione, dall'inadeguatezza del metro di giudizio delle nuove campagne e dalla cultura delle imprese stesse.

Sebbene ci si trovi ancora in un periodo di sperimentazione e in certo senso di "attivazione" degli strumenti a disposizione del nuovo marketing (come sottolinea anche questa presentazione di Doug Weaver, presidente e CEO di Upstream Group, sul budget destinato alla promozione online), Jaffe sostiene che nei prossimi anni le imprese si muoveranno decisamente verso una riallocazione delle risorse e verso una riorganizzazione delle strutture marketing e pubbliche relazioni.

Dal punto di vista di chi gira quotidianamente per imprese e istituzioni per dare consulenza in termini di visibilità e presenza online, l'impressione è che nel nostro Paese questa annunciata rivoluzione faticherà a trovare spazio nei tempi previsti dal libro di Jaffe e dalla ricerca della TWI. Sicuramente l'ostacolo delle risorse umane sarà centrale, perché occorrerà una svolta nella modalità di concepire e di pensare il ruolo dell'azienda nel rapporto con il consumatore, forse non immediato per chi è legato a un concetto di marketing da uno a molti. Poco alla volta, anche in Italia ci si sta rendendo conto delle potenzialità (e paradossalmente anche dei problemi) della rete in un discorso di marca e di prodotto, e vedremo quali imprese saranno pronte a raccogliere la sfida.

mercoledì 17 ottobre 2007

L'equilibrio tra diritto d'autore e soddisfazione del cliente

About DRM technologies, customer satisfaction and the difficulty in balancing the two things.

Nel tentativo di mantenere vivo un mercato in forte trasformazione com’è quello dell’intrattenimento digitale, la Warner Bros lancerà (e in parte ha già lanciato) l’idea di distribuire insieme alla copia canonica in DVD dei propri film, anche una copia trasportabile su PC e lettori protetta dalla tecnologia DRM PlaysForSure di Microsoft. Ciò significa che chiunque acquisterà un DVD Warner di questo tipo potrà trasportare il film su altri supporti con estrema semplicità e senza dover passare da complicati e spesso snervanti programmi di dubbia provenienza. Ma significa anche che non tutti i lettori video portatili potranno visualizzare il film e che il possessore di un iBook Mac (come per esempio il sottoscritto) non potrà godere di tale opportunità.

L’impressione che ho da osservatore interessato più all’uso che le aziende fanno delle tecnologie che non alle tecnologie stesse è che il rischio di incorrere in una insoddisfazione / delusione del proprio cliente sia molto elevato. Chiunque abbia mai provato ad acquistare legalmente musica dall’iTunes Music Store per poi ascoltarla su supporti che non fossero l’iPod o iTunes sa cosa intendo.

Le distribuzioni di questo tipo, protette da tecnologie DRM, rischiano di diventare, nel lungo periodo, un’arma a doppio a taglio per le aziende che offrono intrattenimento, proprio in termini di immagine e di affezione del cliente. La mia personale opinione è che la prima azienda che riuscirà a concepire l’idea di un (veramente) libero utilizzo dei contenuti legalmente acquistati potrà godere di un incredibile vantaggio competitivo.

Per un approfondimento sulla novità di Warner:
afterdawn.com: Latest Die Hard DVD to include a portable copy

domenica 14 ottobre 2007

La costruzione dell'immagine dal basso

About a new Deloitte market research which points out how much the consumers are influenced in their choices by online reviews. The brand image is more and more a downside up conversation.

Se è vero che il mercato è oggi strutturato a forma di rete, in cui ogni elemento in gioco, comprese le istituzioni e i grandi gruppi industriali, è poco più che un nodo all’interno di essa, allora è evidente che promuovere un prodotto o un servizio diventa una questione incredibilmente stimolante.

Fino a poco tempo fa, un’azienda poteva contare sui guru del marketing e della promozione: al consumatore veniva fornita un’immagine del prodotto, gli veniva data una descrizione di massima delle sue caratteristiche e gli veniva proposto un prezzo. L’immagine complessiva del prodotto era nelle mani dell’azienda.

Adesso è più facile dire che l’immagine complessiva del prodotto è niente più che la somma di tutti i discorsi che nascono attorno a esso, molti dei quali sono (quasi) totalmente incontrollabili. Certamente, anche prima si parlava con amici e familiari della propria esperienza di consumatore, influenzandoli nelle loro scelte, ma cosa succede se adesso, grazie alla rete sociale che si è formata e che è in continua evoluzione, sappiamo già tutto di un particolare prodotto ancora mesi prima della sua uscita sul nostro mercato di riferimento (vedi il caso iPhone, di cui già si è parlato a profusione senza nemmeno sapere se e quando mai verrà lanciato sul mercato italiano)?

Una recentissima ricerca condotta da Deloitte dimostra che il 62% dei consumatori è ormai abituato a leggere recensioni dei prodotti scritte da altri consumatori, e di questi ben l’82% ammette di aver visto la propria decisione d’acquisto modificata, in positivo o in negativo, da ciò che ha trovato in queste recensioni.

La cosa incredibile che emerge dalla ricerca è che, a quanto pare, non vi è una grossa differenza nel comportamento tra diverse fasce di età. Anche se i risultati non sono ancora stati resi pubblici, sembra infatti che le giovani generazioni abbiano una propensione a essere influenzati solo poco maggiore rispetto alle altre fasce d’età.

Inoltre, il passaparola tra conoscenti, che prima era l’unica forma di influenza possibile, è ancora ampiamente praticato, ma si è spostato un gradino più avanti nel processo: circa il 70% dei consumatori parla di ciò che ha letto online con colleghi, familiari, amici, e amplifica così l’effetto di questa particolare costruzione dell'immagine di un marchio che parte dal basso.

Le cifre sono chiaramente relative al mercato americano, ma non ci vorrà molto perché la situazione in Italia si avvicini a quella dipinta dalla ricerca Deloitte. L’unica possibilità di affermazione per un marchio sembra essere quella ventilata da più parti, ma non da tutti messa in pratica: la costruzione di un'immagine globale che non abbia solo a che fare con il singolo prodotto o servizio ma che comprenda ogni fase della gestione aziendale e soprattutto ogni fase della gestione della clientela e della relativa soddisfazione.

Per un approfondimento sul tema:
eMarketer.com - CPG consumers trust online reviews
eMarketer.com - Shoppers look to user reviews, search

sabato 13 ottobre 2007

IBS-MyMovies, le prospettive dell'intrattenimento digitale

About the buyout of MyMovies.it by Ibs.it (Internet Book Shop), aimed at building up the larger online entertainment services provider in the italian market.

La notizia della settimana, per lo meno se parliamo di nuove tecnologie e di mercato italiano, è l’acquisizione da parte di ibs.it, colosso della vendita online di materiale di intrattenimento, di MyMovies, sito di informazione cinematografica che offre anche la possibilità di scaricare legalmente a pagamento un certo numero di film.

Ho sempre avuto un occhio di particolare riguardo nei confronti delle notizie relative ad acquisizioni di questo genere, perché solitamente aprono scenari interessanti. Purtroppo, molto spesso, a seguirli nel lungo periodo, questi movimenti di mercato si rivelano una grossa bolla di sapone, probabilmente perché non è sempre facile integrare servizi diversi e inventare qualcosa di nuovo che possa interessare il molto esigente utente di Internet.

Non voglio quindi farmi prendere dall’entusiasmo, ma piuttosto vorrei cercare di capire quali sono le prime questioni che il nuovo binomio ibs-MyMovies dovrà affrontare per affermarsi nell’offerta di intrattenimento a 360 gradi (non solo e-commerce tradizionale, ma anche downloading e streaming di video e di audio, stando alle parole dell’AD Mauro Zerbini). Ne intravedo almeno tre:

  1. Una revisione globale dell’immagine online del nascente portale. Potrà sembrare una cosa superflua e del tutto scontata, ma volersi proporre come potenziale leader (i numeri ci sono) nell’offerta di intrattenimento online significa doversi scontrare con realtà che da diverso tempo sono sul mercato e hanno sviluppato modalità di presentazione e interfacce molto accattivanti e usabili. Penso a Lycos Cinema, che offre peraltro un servizio di chat durante la visione dei film molto interessante, ma anche ad Alice TV, iTunes Store o MSN Music, senza considerare le decine di programmi più o meno legali che offrono film e altri contenuti in streaming o in p2p e che negli ultimi tempi hanno fatto passi da gigante (stiamo parlando soprattutto di mercato in lingua inglese, o comunque non italiana, ma credo sia questo il punto di riferimento cui dover rivolgersi).
  2. Una forte strategia commerciale, mirata soprattutto a chiudere accordi di partnership e distribuzione con società di produzione cinematografica e musicale. Qualcosa più di 200 film sono un buon inizio, ma diventa fondamentale (e assolutamente non facile) poter proporre all’utente anche titoli di difficile reperibilità (ad esempio, i classici o i film dei festival indipendenti) o di recentissima uscita.
  3. Una importante politica di pricing. Semplicemente, allo stato attuale delle cose, pagare 11,90 euro per scaricare un film che l’utente può trovare illegalmente gratis (è una pratica comune, non va sottovalutata), noleggiare a molto meno, comprare in DVD a poco di più (con tanto di confezione, eventuali contenuti speciali, libretto, ecc.) è fuori da ogni logica competitiva.

Un ulteriore punto potrebbe essere la qualità del prodotto proposto. Se qualcuno dovesse aver provato a scaricare un film da MyMovies, sarebbe interessante sapere quali siano le sue caratteristiche e "come si vede".

La mia speranza è che finalmente si possa riuscire a fornire una valida opzione di intrattenimento online anche nel nostro Paese.